“Mangio dolci per rendermi la vita dolce”

In un giorno imprecisato del giugno di un anno imprecisato nel IV sec. a.C., Platone ambienta la propria visione della gestione di una polis: è Politeia, infatti, il titolo di uno dei dialoghi più lunghi e densi di significato nella produzione platonica.

Per noi è più semplicemente La Repubblica, grazie alla geniale intuizione di Cicerone, fine traduttore non del termine quanto del significato: ciò che riguarda il vivere in una comunità, per i Greci la legislazione della polis, per i Romani la res publica.

Dopo più di duemila anni ci troviamo nuovamente a cavallo tra maggio e giugno, a discutere di una scelta importante per la gestione di poleis; in realtà si tratta di più di una città, ma l’attenzione maggiore si concentra su una in particolare, Milano, capoluogo secondo alcuni della Lombardia, secondo altri della immaginaria quanto desiderata Padania. In questa seconda veste è una “non-città” come quella descritta dal filosofo greco e per tale motivo ancora più interessante da osservare.

Una preziosa iniziativa, della Scuola di Giornalismo dell’Università Cattolica, cipermette di ascoltare le opinioni di alcuni tra i personaggi più noti di Milano, di estrazione sociale diversa, impegnati in professioni anche molto distanti fra loro, che godono di una notorietà mediatica oppure che sono semplici commercianti, ma impegnati sul territorio in luoghi molto frequentati e che quindi riescono ad avere il polso di una situazione complessa.

Le numerose interviste sono brevi e consistono in tre semplici domande ripetute ai diversi interlocutori. Una prima rassegna ci permette di individuare due punti chiave, comuni a tutti gli interpellati: la sicurezza di circolare in città senza timore di essere aggrediti e il traffico caotico che genera, non solo nevrosi ma anche e soprattutto rischi concreti per la salute. Platone svolge il dialogo fra Socrate, Cefalo, Glaucone, Polemarco e Trasimaco attorno ad una questione cardine nella gestione della polis: la giustizia.

La presenza nella città ideale della giustizia viene appurata tramite la ricerca delle tre virtù che si connettono ad essa: sapienza, coraggio, temperanza.

La sapienza è la virtù di coloro che hanno i compiti di governo, il coraggio la virtù dei guardiani dediti alla guerra e alla difesa; la temperanza invece deve risiedere in tutte e tre le classi dei cittadini.

A riprova del fatto che la filosofia spesso si trova lontano dalle sedi accademiche, ascoltiamo cosa chiede alla propria città ideale la signora Valeria Venturi, titolare del chiosco Argonne, in piazzale Susa.

Magzine: \”Un\’idea per Milano. Elezioni 2011\”

Del suo discorso, tanto accorato quanto disilluso, colpiscono molti passaggi.

Innanzitutto la mancanza di fiducia nel proprio ruolo nella gestione della polis, sentita come una attività in mano a sorte di sciamani: “non sta a me, posso solo pregare il Signore che vi illumini nelle vostre scelte”.

Poi la netta percezione di una mancanza di buon umore, nel senso più vero del termine: “darci più allegria. (…) mangio dolci per rendermi la vita più dolce

Infine, l’idea chiara, ben definita, della caratteristica principale che deve avere chi è chiamato a gestire la polis, espressa, tra l’altro, con il più classico degli artifici retorici, cari ai migliori filosofi, il sillogismo:  “i ragazzi hanno bisogno di essere ascoltati; il buon esempio viene dalla famiglia e le famiglie prendono il buon esempio dall’alto. Per conto mio al governo o all’amministrazione della città devono stare le persone migliori della nostra società”

Bene, le persone migliori. In Platone, questo si traduceva con il termine “filosofi“, persone la cui caratteristica è ben definita nel libro VI.

Il filosofo deve governare perché è il solo a conoscere l’essere e la verità; inoltre è sincero, temperante, disprezza i beni mondani, apprende con facilità e possiede l’armonia interiore.

I filosofi vanno educati mirando alla disciplina più alta che deve avere come oggetto il bene. Per definire l’idea del bene Socrate coglie l’analogia con il sole: come il sole, pur dando vita, colore e nutrimento agli oggetti sensibili, non si identifica con essi, così il bene permette la visione del mondo intellegibile e lo trascende.
Ecco, allora forse ha ragione la signora Valeria, quando chiede una speranza di cambiamento, da offrirle “come il sole che sorge la mattina”.

Ma Milano possiede questi portentosi esseri umani, in grado di illuminare la città e i suoi abitanti?

Tra le persone intervistate troviamo molti giornalisti e altrettanti personaggi che appartengono al mondo della cultura e dello spettacolo nel senso più ampio. Il diverso registro linguistico e l’atteggiamento più sofisticato esprimono necessità molto concrete, soprattutto legate a problemi di ecologia e ambiente, ma poi sembrano focalizzare esattamente gli stessi punti toccati dalla signora Valeria: una città triste, senza allegria, troppo preoccupata e quindi perdente, perché non più in grado di aprirsi agli altri, al diverso da sé.

Ascoltiamo, dunque, uno di questi filosofi: Stefano Zuffi, presidente Rotary Club Milano

Magzine: Un\’idea per Milano. Elezioni 2011

Uno storico dell’arte, il quale, per sua ammissione, è “naturalmente” più orientato verso gli aspetti della “bellezza, della cultura, dei musei e dei monumenti”. Secondo Zuffi il sole può arrivare ai milanesi grazie alla riscoperta di ciò che hanno attorno a loro: “Milano deve fermarsi e saper capire che è anche una bella città”.

La nota storica dell’incontro tra S. Ambrogio e S. Agostino sembra condire le sagge parole con il sale della conoscenza, che servirebbe proprio a scongiurare l’abbrutimento e la chiusura dei cittadini, ormai dimentichi della loro stessa storia.

Stefano Zuffi è il presidente di un club prestigioso, il Rotary, da sempre simbolo di élite, distanza, apparenza e – in alcuni casi – inganno… Forse è qui che si inceppa il meccanismo virtuoso. Platone considera attentamente la questione del denaro, la politeia basata sul censo è condizionata dal privilegio e quindi perdente.

Il filosofo moderno che vuole offrire bellezza a chi chiede felicità è probabilmente sulla strada giusta, ma deve riuscire ad azzerare i gradini che ancora separano le due istanze.

Un altro dei tanto auspicati filosofi ha una connotazione più chiaramente legata alla cultura propriamente detta: il Presidente dell’Accademia di Brera, Salvatore Carrubba

Magzine: \”Un\’idea per Milano. Elezioni 2011\”

In questo discorso rimane la notazione storica (che riguarda l’istituzione Brera) ma scompare un elemento chiave in ogni discorso di politeia: i cittadini. Qui la necessità è unicamente materiale (e la crepa sul muro alle spalle di Carrubba è probabilmente un buon segnale del disgregarsi dell’istituzione) e lascia da parte quella spirituale concentrandosi su aspetti più che concreti, come il fantomatico Expo 2015.

Come ho detto le interviste sono numerose e molto varie: ho voluto scegliere quelle che, secondo me, meglio fotografano una distanza pericolosa.
Da una parte ci sono gli “operatori del settore” che cercano di sensibilizzare le istituzioni politiche perché guardino finalmente al bene culturale come ad una risorsa da sfruttare per la rinascita economica del nostro Paese.
Dall’altra c’è il mostro tanto temuto quanto coccolato, l’opinione pubblica, che ha richieste semplici da esprimere ma complesse da ottenere.

Forse è giunto il momento di far sì che la gente, detentrice di questa opinione pubblica, si riprenda il bene culturale, riappropriandosi di qualcosa che non solo le appartiene, ma è proprio ciò che sta cercando così disperatamente. Si capisce che la necessità della felicità investe tutti, indipendentemente dal grado di istruzione, e d’altro canto il bene culturale ha proprio questa caratteristica di abbracciare chiunque, senza eccezioni, di rivolgersi davvero a tutti. Allora quale anello della catena sta mancando? Probabilmente quello che faccia da tramite tra le alate parole del presidente del Rotary e le semplici richieste della signora del chiosco.

Comunicare la cultura, un elemento naturale per chi opera nella scuola come ilPreside del liceo Berchet, Innocente Pessina: Magzine: \”Un\’idea per Milano. Elezioni 2011\”. Un’attività indispensabile per molti di coloro i quali chiedono più fondi e maggiore interesse verso Musei e Siti Archeologici.

Comunicare la cultura a volte è più semplice di quel che si pensa:

(…)Ma a parte il disfattismo
noi siamo quel che siamo
e abbiamo anche un passato
che non dimentichiamo.
Mi scusi Presidente
ma forse noi italiani
per gli altri siamo solo
spaghetti e mandolini
.
Allora qui mi incazzo
son fiero e me ne vanto
gli sbatto sulla faccia
cos’è il Rinascimento.

Giorgio Gaber


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