Ricordo di Calvino

Anniversario di una nascita, che perfino Google ricorda. Scelgo di rendere omaggio immergendo le mani in quello scrigno pieno di chicchi di grano che mi immagino essere la letteratura di Italo Calvino: un tesoro che nutre.

Da “Le città invisibili” eccone una che nel Dicembre del 2005 ha incarnato una mia, personale, Fata Morgana…

La città e il desiderio

In due modi si raggiunge Despina: per nave o per cammello. La città si presenta differente a chi viene da terra e a chi dal mare. Il cammelliere che vede spuntare all’orizzonte dell’altipiano i pinnacoli dei grattacieli, le antenne radar, sbattere le maniche a vento bianche e rosse, buttare fumo i fumaioli, pensa a una nave, sa che è una città ma la pensa come un bastimento che lo porti via dal deserto, un veliero che stia per salpare, col vento che già gonfia le vele non ancora slegate, o un vapore con la caldaia che vibra nella carena di ferro, e pensa a tutti i porti, alle merci d’oltremare che le gru scaricano sui moli, alle osterie dove equipaggi di diversa bandiera si rompono bottiglie sulla testa, alle finestre illuminate a pianterreno, ognuna con una donna che si pettina.

Nella foschia della costa il marinaio distingue la forma d’una gobba di cammello, d’una sella ricamata di frange luccicanti tra due gobbe chiazzate che avanzano dondolando, sa che è una città ma la pensa come un cammello dal cui basto pendono otri e bisacce di frutta candita, vino di datteri, foglie di tabacco, e già di vede in testa a una lunga carovana che lo porta via dal deserto del mare, verso oasi d’acqua dolce all’ombra seghettata delle palme, verso palazzi dalle spesse mura di calce, dai cortili di piastrelle su cui ballano scalze le danzatrici e muovono le braccia un po’ nel velo e un po’ fuori dal velo.

Ogni città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone; e così il cammelliere e il marinaio vedono Despina, città di confine tra due deserti.

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