“Una cicala di troppo” – racconto a puntate 4

Intermezzo

Socrate – Abbiamo tanto tempo, o almeno così sembra; e inoltre le cicale ci guardano, mentre cantano e chiacchierano tra di loro nell’aria afosa. Se dovessero vederci impegnati non a conversare nel meriggio, ma, come fa la maggior parte delle persone, a sonnecchiare, cullati dal loro frinire a causa della nostra indolenza, si metterebbero a ridere, e giustamente. Penserebbero che degli schiavi hanno raggiunto la loro isola felice e stanno facendo una pennica dopo pranzo presso la fonte, come delle stolide pecore. Ma se ci vedono chiacchierare e oltrepassarle, insensibili al fascino delle loro voci di Sirene, forse apprezzeranno il nostro gesto e ci daranno il dono per il quale gli dei le hanno elette a messaggere.

Fedro – Quale dono? Non mi sembra di averne mai sentito parlare.

Socrate – Beh, non è bene che un amante delle Muse quale tu sei non abbia mai sentito di questo dono. In breve, si racconta che le cicale un tempo fossero uomini, prima della nascita delle Muse, e quando le Muse nacquero e con loro comparve anche il canto, alcuni di questi uomini furono sopraffatti dal piacere e cominciarono a cantare, in continuazione, fino a dimenticare di bere e mangiare e così da morirne. Fu proprio da quegli uomini che nacquero le cicale, e a loro le Muse diedero in dono una vita all’insegna del canto: le cicale non avvertono la necessità di sostentarsi, ma cantano in continuazione, senza mangiare né bere fino a quando non muoiono. A quel punto vanno dalle Muse e confidano loro quali uomini le venerano. A Terpsicore raccontano di quanti la onorano nella danza, e la fanciulla si compiace di questi mortali; le cicale poi intercedono presso Erato per i compositori di poesie d’amore, e presso le altre Muse a seconda dei diversi modi che gli uomini scelgono per onorarle; a Calliope, la più anziana tra le Muse, e a Urania, che le siede accanto, indicano quegli uomini che dedicano la vita alla filosofia e che venerano queste Muse che sono più legate al cielo e a pensieri divini e umani, e la cui musica è la più dolce. Ecco che, come vedi, ci sono tante ragioni per cui ci conviene parlare e non dormire, dopo pranzo.

Platone, Fedro (258e-259d)

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