Chanson d’amour…et d’armes

Il sottotitolo mi aveva già catturato:
leadimage_carouselUna mostra che non vuole raccontare la genesi dell’Orlando Furioso, né soffermarsi troppo sulla figura di Ludovico Ariosto. Una mostra che vuole fare immergere il visitatore in un mondo, quello che ha ispirato la trama così complessa e ricca di suggestioni colorate e concrete.
Il poema di Ariosto riesce infatti a far vivere boschi, vallate, castelli, creature fantastiche, e poi i cavalieri, le donne e le armi. Il tutto è così vivido che, se ci si sofferma a pensare all’ispirazione dell’autore, non si può fare a meno di pensare che fosse un grande viaggiatore, oppure un pittore.

Ariosto ritratto da Tiziano

Ariosto ritratto da Tiziano

Invece è più corretto dire che Ludovico Ariosto fosse un raffinato e preciso ricercatore: di immagini e di emozioni. D’altronde la preparazione classica c’era e il tempo per dedicarvici pure! [vd. Dell’importanza degli studi classici, di prossima pubblicazione…]

Allora raccogliamo il suggerimento dei curatori della mostra, chiudiamo gli occhi ed entriamo nella prima sala!

A quel punto, ovviamente, li dobbiamo subito riaprire.. e ci appare un allestimento che punta sulla penombra, nero alle pareti e luci puntate unicamente sugli oggetti. Alcuni di questi sono inseriti in alte colonne di plexiglass che impariamo essere degli “alberi“: dunque ci aggiriamo in una scura foresta e scopriamo tesori che ci parlano di eroi e di amori.
La guida, gratuita compresa nel biglietto e indispensabile, è Guido Beltramini, uno dei curatori: suo è uno dei racconti-da-mostra più interessanti e non pesanti che mi sia capitato di ascoltare. Una voce vellutata che spiega i reperti in mostra e ci introduce anche in alcune scelte espositive. Davvero uno strumento ottimo, che permette di godere della mostra in una cinquantina di minuti (salvo pause).

L’ingresso nella foresta “incantata” avviene attraverso un labirinto, quello che si dipana nel corso del poema e che impegna in un vivace minuetto i tanti protagonisti delle altrettanto numerose storie. Ma c’è anche un doveroso omaggio all’Orlando Innamorato, il poema di Boiardo, di cui l’Orlando Furioso è il prosieguo ideale.

img_9470La prima sala è, a ben vedere, dedicata a scene di battaglie e a decorazioni ispirate all’amore tra dame e cavalieri. Sull’arazzo proveniente da Londra è ricamata la battaglia di Roncisvalle e nella sala la nostra attenzione è attratta da un corno, un olifante perché in avorio, riccamente istoriato: forse di tratta proprio di quello in cui il prode Orlando ha soffiato il potente richiamo?
Tutto, intorno a noi, sembra parlarci della concitazione della battaglia e, contemporaneamente, del vero e unico pensiero che permette ai cavalieri di sopportare gli orrori della guerra: l’amore per le proprie dame.
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A questo pensa Lancillotto, luccicante nella scena istoriata di un manoscritto;
questo pensiero suggeriscono le figure intagliate in una sella.

 

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Il motivo del labirinto, ma svolto come lo schema di un circuito elettrico, ci accoglie nella sala successiva. Sulla parete è riprodotto infatti il complicato intreccio della trama del poema e il pensiero non può non andare a un’altra opera letteraria, a noi ben più vicina: il Castello dei destini incrociati di Italo Calvino.
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Cambiamo stanza (o voltiamo pagina?) e ci troviamo davanti alcuni tarocchi che ispirarono a Calvino proprio questo gioco letterario: cavalieri e dame, ricchi e poveri, eremiti e sconosciuti viandanti.
Una ispirazione di altro tipo, ben più licenzioso, è racchiusa nel manoscritto che Dante rese celebre: il “galeotto libro” di Lancillotto e Ginevra. … esposto chiuso…forse per timore di corrompere gli animi dei visitatori..?

Entriamo quindi nel vivo del mondo immaginifico che ha ispirato Ariosto, e lo facciamo grazie ad uno stupendo quadro del Mantegna: un’allegoria articolata in cui la protagonista, Minerva, dovrebbe avere le sembianze di Isabella d’Este. La marchesana di Mantova, nata però a Ferrara da Ercole I d’Este, conobbe Ariosto e ne fu una estimatrice in tempi non sospetti (una lettera è presente in mostra a testimonianza del suo favore verso l’opera).

Andrea Mantegna, Minerva che scaccia i Vizi dal giardino delle Virtù (part.), 1497-1502

Andrea Mantegna, Minerva che scaccia i Vizi dal giardino delle Virtù (part.), 1497-1502

Nel quadro, Isabella/Minerva scaccia i vizi dal giardino delle virtù, dove le mefitiche presenze erano riuscite a rovinare la “verzura” e trasformare il luogo idilliaco in una palude.
Il giardino evoca altri luoghi magici dove la natura può incantare e deviare i cavalieri dalla retta via…

Allegorie, rimandi mitologici… un altro intreccio si svolge dinanzi ai nostri occhi: è quello delle corti italiane che riprendono i temi classici e li rivestono con costumi cortesi. Non dimentichiamoci che siamo a Ferrara, la città della Rinascita del Paganesimo antico, come Warburg volle intitolare la sua più brillante scoperta, la lettura iconologica!
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Il ritratto di Ippolito ci guarda, anzi no! ommamma il suo strabismo dissimulato da Raffaello ci mette un poco in imbarazzo. Ippolito detto Il Fedra, perché a lui si deve il recupero di drammi latini celebri, ad esempio la Fedra di Seneca, e l’allestimento di tali opere per il piacere della corte e la fortuna di architetti e pittori.

A questo punto si tratta di perderci nei meandri di miti vecchi e nuovi: due splendidi quadri trasformano la saga di Teseo e quella di Perseo nelle gesta eroiche di cavalieri cinquecenteschi.

http://catalogo.fondazionezeri.unibo.it/scheda.jsp?decorator=layout_resp&apply=true&tipo_scheda=OA&id=36317

Maestro dei Cassoni di Ovidio, Teseo e il Minotauro (part.)

Maestro dei Cassoni di Ovidio, Teseo e il Minotauro (part.)

Maestro dei Cassoni di Ovidio, Teseo e il Minotauro (part.)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piero di Cosimo, Liberazione di Andromeda

Piero di Cosimo, Liberazione di Andromeda (part.)

 

Fino a questo punto abbiamo seguito le orme di zoccoli affondanti nel terreno, abbiamo vagato tra alti fusti di alberi trasparenti, incantandoci dinanzi a gemme incastonate nei tronchi illuminati. Ma Ariosto ci chiede di fare un balzo.. in alto, oltre la sfera terrestre. E di raggiungere il misterioso satellite.
Come potremo mai fare, senza un ippogrifo domato? Ebbene, ecco giungerci in aiuto una sfera in bronzo, che nella penombra della sala ci ricorda la luna e i suoi crateri: in questa sfera, originariamente collocata in cima all’obelisco di Piazza San Pietro e smontata per volere di Sisto V, si pensava fossero raccolte le ceneri di Giulio Cesare. Una suggestione troppo ghiotta per non essere associata alla ricerca del senno degli uomini.img_9496

 

 

Quadri e oggetti sono presentati insieme a preziose testimonianze cartacee: edizioni dell’Orlando Furioso e lettere manoscritte di contemporanei. Come Machiavelli, il cui commento “critico” costituisce una sorta di fascetta ante litteram, da abbinare a questo best seller. Di una sola cosa si lamenta il celebre storico, cioè di non essere stato citato dall’Ariosto!

Dosso Dossi, Melissa, 1518

Dosso Dossi, Melissa, 1518

Un quadro tanto affascinante quanto ricco di riferimenti letterari conclude questa sezione della mostra: si tratta della maga Melissa, circondata dai suoi “clienti”, che aspettano di essere liberati dalle cattive malìe, e ritratta mentre traccia sul terreno un cerchio di fuoco, forse lo stesso che vedremo nelle alte ispirazioni preraffaellite, ispirate ad altre celebri maghe.

F. Sandys, Morgan le Fay, 1864

F. Sandys, Morgan le Fay, 1864

 

 

 

 

Siamo quindi invitati ad uscire e a recarci nelle ultime due sale: dedicate alle edizioni successive e aggiornate dell’opera, che seguono anche gli sviluppi nelle tecniche di guerra e di assedio. L’opera dell’Ariosto entra nella storia delle corti italiane e del mondo occidentale: e mentre il testo si trasforma, così anche l’arte vive il suo momento di geniale evoluzione.
Alla fine della sala e della mostra è di nuovo un libro non di Ariosto a salutarci: si tratta del Don Quixote di Cervantes, aperto alla pagina in cui Ariosto viene citato. Si sottolinea, nel testo spagnolo, il prezioso linguaggio dell’Orlando Furioso, una caratteristica che rende l’opera del ferrarese intraducibile ed eterna.

Fatevi un regalo e incominciate l’anno visitando una mostra che vi catturerà!
Qui le informazioni necessarie, ricordatevi che chiude l’8 gennaio.

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