Back to … black

Hey, oh
Sheets of empty canvas
Untouched sheets of clay
Were laid spread out before me
As her body once did

Pigmalione aveva finito di soffiare via gli ultimi granelli di polvere bianca luccicante. L’anca leggermente sollevata, in un gesto vezzoso e invitante, era stata finalmente arrotondata e la superficie liscia accoglieva la luce facendola scivolare dolcemente.

 

 

All five horizons
Revolved around her soul
As the earth to the sun
Now the air I tasted and  breathed
Has taken a turn

Un capolavoro, il suo. Pigmalione non riusciva a distogliere lo sguardo da quella ragazza color avorio. Nel riposo, poco, che si concedeva, gli occhi si chiudevano sull’immagine nuda e continuavano a vederla nel sonno, nei sogni.
In quei momenti di incoscienza, la statua non si muoveva, ma sorrideva. A lui, lui solo. Pigmalione poteva toccarla e le sue mani finalmente stringevano la carne calda.
Al risveglio rimaneva un gusto dolce in bocca, e subito Pigmalione si affrettava a raggiungere la statua, toglierle il drappo con cui la copriva, sollecito, ogni sera, e riprendere a levigare, accarezzare, ammirare.
Ormai era pronta. Gli amici dello scultore lo sapevano, gli si presentavano nello studio all’improvviso, per capire a che punto era giunta la follia dell’amico.
Alcuni gli portavano qualcosa da mangiare, tanto sapevano che non avrebbe avuto la testa per provvedere a se stesso. Pigmalione non si accorgeva di quanto fossero in pena per lui. Egli vedeva solo la sua donna perfetta, algida, ma ideale.

Il Trovatore di Verdi allestito al Festival di Pafos, Cipro

Un giorno, uno di loro decise di convincerlo a uscire di casa per recarsi alla celebrazione della dea Cìpria: “In fondo è la dea dell’amore, e tu sei decisamente folle d’amore, amico mio, perché, dunque, non la preghi di venirti in aiuto. Liberarti dall’angoscia di non poter avere la donna dei tuoi sogni?”
Pigmalione all’inizio si ribellò, offeso dall’idea di poter perdere i suoi momenti d’estasi. Poi però ci rifletté meglio, così decise di fare buon viso alle offerte degli amici. Fece loro credere di voler effettivamente liberarsi dalla sua ossessione, in realtà, giunto di fronte al simulacro di Afrodite, si prostrò ai suoi piedi e, mentre attorno a lui i fedeli lasciavano fiori o piccole immagini in ex voto, intonando cantilene a volume sempre più alto, girando intorno alla statua e lasciando solo un piccolo spazio per il disperato amante, Pigmalione cominciò a chiedere alla dea di esaudire il suo desiderio. Voleva che quella statua prendesse vita. Desiderava che quella donna ricambiasse il suo amore. Chiedeva che il marmo diventasse carne.

Oh and all I taught her was everything
Oh I know she gave me all that she wore

Tornato a casa, lei lo aspettava sulla soglia. Nuda, splendida, e viva.
Pigmalione non riuscì a essere sorpreso, in fondo era stato sempre devoto alla dea, signora delle colombe: la sua richiesta era stata esaudita, in risposta alla sua fedeltà.
Cominciò a parlarle. La donna rimaneva in silenzio, sorridente. Dopo averla travolta con le tenerezze degli amanti e le promesse degli uomini, Pigmalione cercò una sua risposta, ma quelle labbra riuscivano solo a sorridere, non articolavano suoni.
Un piccolo disappunto. Ma in fondo, quel che contava era averla, finalmente, tutta per sé. Non era poi così importante sapere cosa pensasse, fino a quando continuava a sorridere, ascoltarlo e abbracciarlo.

Furono giorni intensi per Pigmalione: le mostrava la vita nel villaggio, il suo lavoro, i piccoli impegni quotidiani. Lei imparava velocemente. Per questo Pigmalione pensò che, forse, poteva anche insegnarle a parlare. Ecco cosa aveva fatto per lui Afrodite: gli aveva procurato una tela intonsa da dipingere, un blocco di marmo da scolpire… e così in effetti fu. La ragazza, a poco a poco, imparò a leggere, scrivere e a parlare.
I dialoghi erano poco costruttivi, in effetti: quel che lei sapeva lo aveva imparato da Pigmalione, non c’era scambio, piuttosto ripetizione oppure conferma.
Lo scultore non sembrava farci caso, era solo contento, appagato. Si avvicinava il giorno in cui avrebbe – forse – presentato la sua creatura agli amici. Forse, perché in realtà Pigmalione temeva molto le altre persone. Non era gelosia, era un sentimento più profondo, atavico quasi; aveva il terrore che qualcuno gliela potesse portare via.
Lei lo abbracciava, nei lunghi e improvvisi momenti di timore: aveva capito (già, autonomamente) a cosa erano dovuti, e sapeva che solo la rassicurazione, senza altra analisi, poteva far passare le crisi. Lei sapeva che la gelosia non c’entrava, o almeno non quella nei confronti degli altri uomini: Pigmalione aveva paura che gli amici lo prendessero per pazzo e non vedessero la statua vivente, ma continuassero a pensarla un pezzo di marmo, una idea ossessiva del loro amico, e nulla di più.

And now my bitter hands
Chafe beneath the clouds
Of what was everything
Oh the pictures have
All been washed in black
Tattooed everything

Così arrivo il giorno.
Non della presentazione agli amici, ma di una semplice scampagnata. Come tante erano state fatte. Eppure questa volta la ragazza chiese di allungarsi fino al campo di narcisi. Pigmalione voleva rimanere sdraiato lungo il fiume, nel meriggio afoso.
E fu così che, seduta su una roccia, mentre accostava alla guancia i teneri petali bianchi, la ragazza lo guardò. Guardò il suo artista, il suo creatore. E pensò, per la prima volta pensò un pensiero suo. Da questo ne scaturirono altri, finché il sorriso le si spense tra le labbra e il narciso, consumato dal contatto con la sua pelle, cadde disperdendo tutti i petali. Ne raccolse un altro e continuò a seguire il filo dei suoi pensieri, mentre Pigmalione russava sommesso, con un piede nell’acqua.
Allora, lentamente, la ragazza dalla pelle color dell’avorio si alzò. Si guardò intorno, cercando qualcosa di nuovo, di finalmente imprevedibile, con cui potesse mettersi alla prova autonomamente.
In lontananza, vide un bosco e un cerbiatto che vi stava entrando; decise di seguirlo e si incamminò, senza fare rumore, senza un sospiro. Solo due piccole gocce spuntarono nei suoi occhi grandi, ma il vento le asciugò subito.

I take a walk outside
I’m surrounded by
Some kids at play
I can feel their laughter
So why do I sear
Oh, and twisted thoughts that spin
Round my head
I’m spinning
Oh, I’m spinning
How quick the sun can, drop away
And now my bitter hands
Cradle broken glass
Of what was everything
All the pictures had
All been washed in black
Tattooed everything
All the love gone bad
Turned my world to black
Tattooed all I see
All that I am
All I’ll be
Yeah

Gli amici di Pigmalione erano preoccupati: la stanza dove aveva dato forma alla sua statua era completamente distrutta. Non un mobile era stato risparmiato dalla furia dello scultore e, comunque, della statua non c’era traccia e Pigmalione non voleva dire loro che cosa ne avesse fatto. Il giovane era distrutto, non mangiava più e la notte non si addormentava, ma perdeva i sensi a causa della stanchezza, intorno alle 4 del mattino. Dopo due ore era di nuovo in piedi, a piangere, urlare, spaccare tutto ciò che gli capitava tra le mani.
I vicini di casa erano disperati: la situazione non era più sostenibile e a questo punto avevano anche timore per l’incolumità dei loro figli, che giocavano per strada di fronte allo studio dello scultore.
Un giorno erano rientrati scioccati a casa, perché il signor Pigmalione si era presentato davanti a loro nudo, completamente ricoperto di pece nera, dopo essersi rotolato per terra ed essersi ricoperto di minuscoli frammenti di quarzo bianco. Sembrava un mostro, brillava al sole e aveva lo sguardo spiritato.

I know someday you’ll have a beautiful life
I know you’ll be a star
In somebody else’s sky
But why
Why
Why can’t it be
Why can’t it be mine

Di fronte alla finestra aperta, Pigmalione cercava il sonno, in una notte di luna piena. Pensava a lei, alla sua creatura, che se n’era andata prima che lui potesse trovarle un nome.
Chissà dov’era, con chi era, cosa faceva. Eppure era solo grazie a lui se si sapeva orientare nel mondo, parlare, leggere e scrivere, agire come un essere umano.
Era solo grazie a lui…

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