Che cos’è il tempo, allora?

“Che cos’è il tempo, allora? Il tempo dovrà pure essere qualcosa. Forse è una specie di musica, che non sentiamo perché suona continuamente. Eppure, qualche volta, l’ho sentita suonare, piano, molto piano…”

Momo (Michael Ende)

Herakles vince l’immortalità e una nuova moglie.
I giochi “senza frontiere” cui partecipa sono piuttosto complicati, ma lui riesce ad aggiudicarseli giocando pure il Jolly di Atlante verso la fine.

 

 

 

 

 

 

La nuova moglie ha un nome corto, Ebe, ma è quanto di più prezioso gli dei potessero dare al rozzo argivo: si tratta della Giovinezza. Perché, va bene essere immortali, ma un immortale rugoso fa una figura ben diversa da uno splendente nel vigore dell’età migliore!

Herakles contro il vecchio del mare.

Il forte e prestante eroe abbronzato, che si batte a mani nude con un vecchio.

Walter Crane, Herakles e il Vecchio del mare, illustrazione per N. Hawthorne “Wonder book for girls and boys” (1910)

Sembrerebbe una immagine triste, di abuso, eppure quel vecchio spettinato dà del filo da torcere ad Herakles: cambia forma ogni poco, si sottrae ai colpi e alle “prese” con la saggezza che gli deriva dall’età e sorprende il giovane eroe con una certa fantasia nelle trasformazioni.

Eppure Herakles voleva solo chiedere indicazioni su dove trovare il giardino delle Esperidi… l’ultima fatica, ecchediamine!

Γερολιμένας ha un nome che è tutto un programma: Porto Vecchio, sembrerebbe di poter tradurre a braccio.
Il mare, la vecchiaia, quale vecchio incontrerò da queste parti
Mi darà del filo da torcere? Lo saprò affrontare spavalda, o soccomberò al primo colpo sferrato di sorpresa?

Eccolo lì, il “mio” vecchio.
No, non è il signor Nikos, che affitta una stanza bellissima, pietra e legno e affaccio sul mare.
Eppure potrebbe essere: capello bianco, pettinato dal vento, occhiali da sole “d’ordinanza”, una faccia che utilizza le rughe per nascondere i pensieri.
Non è neppure il signor Michalis, che mi accoglie nel suo labirinto di pietra, a Stavrì.
Lo Tsitsiri Castle: un intrico di ambienti che.. dio non voglia crolli mai.. non so che tipo di matrix potrebbe produrre, forse paragonabile solo all’albero genealogico di Augusto o agli amori di Zeus…
No, il mio vecchio è molto più subdolo e potente.
Per comodità lo chiamerò Chronos. Il tempo a Gerolimenas, sembra perdere i confini. La definizione stessa di tempo non ha senso qui.
Appena arrivi vedi che ci sono 4 ristoranti, 1 bar, 10 case. Ma non fai in tempo a sederti sulla spiaggia, o affacciata alla terrazza sul mare e, come d’incanto, non ti importa più di niente.
Il mondo, al di là dello sperone di Taigeto che si inabissa nel mare, potrebbe essere crollato. In effetti non sono nemmeno sicura che domani ci sia il bus per arrivare ad Atene.
Il tempo, qui, divora?
No, io ho combattuto, lo ammetto, ma solo per poco.

Un altro incontro tra Herakles e un personaggio vecchio è registrato dall’iconografia (ma, curiosamente, non dai testi antichi) si tratta di Herakles contro Geras, ovvero la personificazione della Vecchiaia.
E qui, il buon figlio di Alcmena non ci fa una bella figura: lo maltratta, il povero vecchio, lo minaccia.
Secondo alcuni si tratta di una raffigurazione simbolica dall’interpretazione semplice: Herakes sconfigge la vecchiaia perché, una volta assunto nell’Olimpo, e dunque diventato immortale, trova una nuova moglie in Ebe, la Giovinezza.
Beh, io comincio ad avere un’altra idea.
Secondo me, di nuovo, questo Geras è proprio il tempo.
Diciamolo meglio: il mio Geras è decisamente il tempo.
Che combatto, ad ogni bracciata in questo mare color smeraldo, a ogni sorso della Amstel apo vareli (alla spina), a ogni piccola onda che si rifrange sugli scogli.
Fino a che non lascio che vinca.
A mani basse.
Ma sì
Alla fine vince lui e io mi ritrovo ad avere seri problemi nell’individuare punti di riferimento che mi spieghino, in ordine sparso:
dove sono
perché ci sono venuta
cosa devo fare
Combatto il tempo che passa e alla fine lascio che sia lui a trionfare: forse è questa l’ultima, grande frontiera della nostra società, assediata dalla necessità di impiegare il tempo.

_ _ _

Pazzesco come la visione della luce sul mare mi calmi. Nel profondo.

Forse no, mi commuove. E così mi incanto a guardare. Come cambia la chiazza di luce sul mare. Come parla il mare. (…) Io sto guardando un mare eccezionale.

Calmo e paterno.

Ma non era femminile il mare? No, questo non è η θαλασσα , questo è ο πελαγος, e io so che là, in mezzo al mare, c’è la γοργονα, lo so che c’è la sirena che ci aspetta. Tutti quanti.

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