Il castello dei profili incrociati

Il recente educational tour cui ho partecipato in Salento, mi ha portato anche a Gallipoli e dentro il suo bellissimo castello.
L’accesso è coperto (argh!) dall’edificio del mercato che, in maniera direi sciagurata, fu eretto proprio di fronte al ponte levatoio nel 1870.
Una sorta di damnatio memoriae? Chi può dirlo.
Fatto sta che, di lì a poco, il castello divenne deposito di Sale e Tabacchi, sede della Dogana e poi della 17a Legione della Guardia di Finanza. Negli anni ’90 vi sono stati organizzati alcuni convegni e il Rivellino (il bastione allungato) ha ospitato il cinema all’aperto, ma solo quattro anni fa il monumento è stato completamente restituito alla comunità. L’opera della Società Orione è stata piuttosto complessa: bisognava innanzitutto ripulire, ripristinare quanto meno gli ambienti del castello e metterli in sicurezza.
Considerando i tempi e il budget, si è preferito concentrare le risorse sugli interventi necessari a rendere il monumento fruibile, ma – naturalmente – era necessario dare alla cittadinanza (e ai turisti) un motivo per visitarlo!

Parte della lapide che traccia la storia del commercio di olio lampante di Gallipoli.

Le prime stanze che si incontrano raccontano la storia del castello e il ruolo commerciale per il commercio di sale, tabacchi e soprattutto dell’olio lampante.
La lega dei bottai di Gallipoli elaborò infatti una tecnica per velocizzare l’assemblaggio di botti e queste servirono anche a trasportare un olio che sembra essere il vero oro liquido dei gallipolini: il suo viaggio più lungo raggiungeva Oslo ed è proprio con la capitale scandinava che la società Orione sta cercando di ripristinare – a scopo turistico, ma anche di ricerca – la rotta dell’olio!

Ma torniamo al castello: la storia di Gallipoli come avamposto del Regno delle Due Sicilie si avvale anche dell’opera di un ritrattista, Jacob Philipp Hackert. Egli è noto e apprezzato da vari regnanti del secolo dei Lumi, e Ferdinando di Borbone osserva interessato le sue vedute di Gallipoli proprio per studiare la popolazione e lo stato del castello. Ebbene, in una delle stanze al piano terra oggi leggiamo la storia di Hackert e i commenti di Goethe, suo biografo:

È un uomo dalle idee assai chiare ed acute, che lavora senza tregua, ma sa godersi la vita.*

Proprio per celebrare il pittore e il suo legame con il Sud e con Gallipoli, lo scorso anno è stata allestita una mostra raffinata e interessante, nella cosiddetta Sala ennagonale del castello: “I porti del Re”

Lasciamo ora le sale dedicate alla storia passata del castello e vediamo come è stato interpretato il ruolo del monumento nella Gallipoli contemporanea.
Nel 2015 Michelangelo Pistoletto ha scelto di installare nel cortile il suo “Terzo Paradiso”

e dopo il grande scalpore che ha fatto e la curiosità che ha suscitato, nel cortile è rimasta la sua “impronta” o “sindone”, come ricorda Raffaella Zizzari, l’architetto della Società Orione che cura gli allestimenti del castello.

Seguendo la “scia” di Pistoletto, ritroviamo la sua Venere degli stracci, allestita oggi nella sala ennagonale, che poi non è altro che una casa matta del castello. La Venere è circondata da un’altra installazione contemporanea: le serie di autoscatti che Clelia Patella ha fatto in musei e mostre in giro per il mondo, ritagliandosi ben più di 15 minuti di notorietà, addirittura un posto – photoshoppato – nella storia dell’arte contemporanea. Queste fotografie fanno parte della mostra temporanea che sta facendo furore oggi al castello: “#selfati al Castello di Gallipoli“.
Qual è il filo conduttore? Semplice, la voglia di esserci, sempre e comunque!
Il gioco è quindi attrarre il visitatore e spingerlo a farsi un selfie! Si possono utilizzare le installazioni nel cortile, dei grandi mascheroni/sedili, oppure le decorazioni luminose prese in prestito dalle sagre di paese, in un paio di stanze, poi, sono sistemate le copertine di famosi quotidiani a grandezza d’uomo, così che ci si possa fare una foto fingendoci parte della copertina stessa!

Eccomi con le mie compagne di avventura. Ognuna di noi ha trovato…l’ambiente giusto!
Antonia Falcone di Professione Archeologo è Cosmopolitan, Marina Lo Blundo di Maraina in viaggio è…Person of the year.

 

 

 

 

 

 

Ma forse quello che mi ha incuriosito di più è la stanza con il labirinto di specchi: mi ha inevitabilmente ricordato quel meraviglioso pezzo di letteratura che è “Il Minotauro” di Dürrenmatt. Il Minotauro è rinchiuso, per l’appunto, in un labirinto di specchi e danza con la sua immagine, in un misto di poesia e di orrore che raggiunge il culmine quando un’altra immagine di sé comincia a comparire sulla superficie lucida: è Teseo, che, per sorprendere il mostro, ha indossato una maschera di toro. La morte della creatura per mano di quello che credeva un magico fratello è quanto di più toccante abbia letto sull’argomento. Lo specchio e il labirinto come metafore della difficoltà, nel mondo di oggi, di rimanere da soli…

Ci sono poi alcuni schermi che catturano in tempo reale gli scatti condivisi online e taggati da #selfati

Lo Sciamano è quella figura stilizzata in alto a sinistra.

Ma attorno al gioco, la mostra offre interessanti spunti di riflessione: i curatori hanno infatti allestito due lunghe linee del tempo, per raccogliere i tanti esempi di artisti che hanno deciso di rappresentare il proprio volto o la propria persona, sia in autoritratti dichiarati, che inseriti “a tradimento” in qualche quadro famoso.
E chi comincia questo glorioso elenco se non uno… sciamano? Figura traghettatrice per antonomasia, il pittogramma interpretato come sciamano proviene dalla celebre Grotta dei Cervi, presso Otranto.

Insomma, sarà anche la prima mostra sul selfie, ma questa idea del Castello di Gallipoli è interessante anche per la prospettiva antropologica in cui mette la necessità di autorappresentazione.

L’occhio e l’obiettivo mi sono caduti su Botticelli e Dürer!

Ed ecco che, con una sola visita, mi sono ritrovata immersa in realtà lontane o semplicemente diverse: nel castello di Gallipoli si incrociano e si rincorrono le tante anime di questa cultura umana.

E in ognuna, in qualsiasi epoca, ritroviamo la necessità di far sentire la propria voce e di lasciare un’impronta che sia più significativa di quella dei nostri predecessori.

Quale profilo apriremo domani?

 

 

 

*J.W. Goethe, Viaggio in Italia, Mondadori 2017, p.206.

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