Qui ad Atene noi facciamo così

Cosa è accaduto ai marmi del Partenone, perché sono oggi a Londra, perché sarebbe opportuno farli tornare ad Atene e cosa sta decidendo il British Museum.

Qui, ad Atene, noi facciamo così: nel 1982 decidiamo di chiedere ufficialmente al governo inglese di rimpatriare i marmi che Thomas Bruce, il settimo Conte di Elgin sottrasse all’Acropoli tra il 1801 e il 1808. Lord Elgin era ambasciatore inglese presso Costantinopoli e chiese dapprima il permesso di fare dei calchi di alcune delle statue dei frontoni e delle metope, ma alla fine riuscì a smantellare le statue ed allestire ben due navi. Il governo inglese acquisì questi marmi, sulla base del resoconto dell’ambasciatore, il quale assicurava che il Sultano gli aveva permesso di portare via dall’Acropoli ciò che voleva.

E scegliamo, come nostra portavoce, l’attrice simbolo di una Grecia moderna, protagonista sul grande schermo, volto che sembra una maschera tragica, ma dal sorriso contagioso. Melina Mercouri diviene ambasciatrice di un ideale, che sembra rivoluzionare non solo il mondo della cultura europea, ma, più in generale, il rapporto di forze tra colonizzatori e colonizzati.

Qui, ad Atene, noi facciamo così: pensiamo che l’Acropoli sia un simbolo vivo, forse l’anima vera della città. Per questo arriviamo a minacciarne l’integrità, per combattere contro un regime fascista che sta uccidendo la libertà dei suoi cittadini. L’Acropoli è un luogo di storia e per la storia, è la tragedia di Egeo, il sacrificio di Aglauro, l’incendio dei Persiani, la fossa in cui seppellire le statue consacrate, la cannonata di Morosini, la dissacrazione ottomana, lo scempio inglese.

Quella rocca resiste ai millenni e affonda sempre di più le sue radici, raggiungendo il centro della terra o anche solo quella fonte di acqua salata che ricorda al mondo la gara tra Atena e Poseidone.

Veduta dall’alto del Museo dell’Acropoli, incastonato nel quartiere di Makrigianni. L’ultimo piano è in linea con il Partenone sull’Acropoli. (Foto: https://www.parthenonuk.com/the-case-for-the-return)

Qui, ad Atene, noi facciamo così: smantelliamo un museo storico, ma desueto, e ne costruiamo uno alle pendici dell’Acropoli. Lo facciamo in mezzo a centinaia di polemiche, distruggendo edifici neoclassici, calandolo nel mezzo di un quartiere tradizionale come un monolite spaziale, ma creando una realtà museale che il mondo ci invidia. Il museo aspetta i suoi marmi, mentre all’ultimo piano le pareti finestrate aprono un dialogo diretto tra la sala e il Partenone e i calchi dei frammenti inglesi rimarcano la ferita aperta, l’attesa struggente del rimpatrio.

Qui, ad Atene, noi facciamo così: promuoviamo la nascita di decine di comitati, sparsi per il mondo, e sensibilizziamo rispetto a un problema che non è solo legale, non solo storico, non solo museologico, non solo artistico, non solo culturale, non solo emotivo, ma tutti questi aspetti insieme. Non parliamo di restituzione, perché non si tratta di restituire il mal-tolto, ma parliamo di riunificazione, perché ciò che è accaduto con l’azione di Lord Elgin è stato uno strappo, che va ricucito.

Riunificare, rendere meglio fruibile una realtà che ha senso solo nel suo contesto di origine, altrimenti è uno dei tanti trofei, una testa di leone/elefante/tigre/cervo che guarda con occhi spenti da una parete bianca: morte che evoca vita, gloria in potenza a beneficio di pochi, che si credono più vivi. Nel 2010 l’allora direttore del British Museum pubblicò un libro di grande successo: “La storia del mondo in 100 oggetti”. Si trattava di ribadire il concetto su cui era stata fondata l’idea stessa del British Museum (e non solo di questa istituzione, ovviamente): il potere dell’impero che colonizza e diffonde cultura e civiltà viene riassunto ed esaltato da oggetti raccolti in ogni dove, attraverso i quali è possibile riassumere la storia del mondo. Il visitatore del British Museum può osservare il mondo nelle sale del museo e tra i tanti pezzi si trova anche una metopa del Partenone.

n.27 dei 100 oggetti

Ma forse è proprio questo il problema, caro British Museum: tu puoi raccontarti e raccontare che la tua collezione simboleggia il cammino della civiltà nel mondo, ma quella metopa, da sola, non racconta niente altro che l’avidità di una rapina ben orchestrata. Quell’unico pezzo, staccato dai suoi naturali compagni, non è stato salvato dall’oblio, bensì ne è stata corrotta la memoria, mutilata nel suo svolgersi insieme agli altri elementi della trabeazione. Un racconto interrotto, ecco cosa hai ottenuto. Ebbene, è tempo che il racconto torni a compiersi, che le decisioni giuste vengano finalmente prese e non solo ipotizzate, che le vicende storiche diventino la cornice preziosa di una risoluzione auspicata da tempo e, a suo modo, innovativa.

Qui, ad Atene, noi facciamo così: accogliamo volentieri un piede da Palermo e alcuni frammenti da Roma, perché sono vestigia di un modo di allestire i musei che oggi più che mai offende studiosi, appassionati e semplici curiosi. Oggi sappiamo che qualunque frammento è degno di interesse e che il contesto è il migliore allestimento, in ogni mostra o percorso museale. Per questo il contesto ateniese richiama a sé anche i frammenti più piccoli.

Ecco come si presentava il frammento nelle sale del
Museo Archeologico Regionale “Antonino Salinas”

L’Italia ha già sperimentato l’emozione di vedersi restituire oggetti finiti illecitamente in altri musei, adottando una soluzione fondata sullo “scambio”: l’oggetto sottratto viene restituito a legittimo proprietario, che in cambio presta qualcosa della propria collezione al museo straniero che aveva incautamente acquistato l’oggetto. Lo stesso viene proposto ora per mantenere amichevoli i rapporti tra Atene e Londra.

Elginism

Negli ultimi mesi sembra infatti che il dialogo tra Atene e Londra si sia intensificato e soprattutto si sia orientato verso proposte concrete. Il profilo Twitter @elginism aggiorna sugli ultimi sviluppi.

Qui ad Atene noi facciamo così

Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni

ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso,

la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la

nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero

…ma gli chiediamo rispetto

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