Ho cominciato ad ascoltare l’ultima serie di podcast di Mary Beard dedicati al mondo romano: “Being Roman”, su Channel 4 BBC.
E mi sono imbattuta in un episodio che discute la figura di Regina, schiava e poi moglie di Barates, originario di Palmyra, in Siria. La coppia multietnica formata da un siriano e da una catuvellauna, cioè una donna di una tribù britanna, giunge alla ribalta della cronaca accademica grazie all’intensa epigrafe che Barates fa scolpire sulla tomba della moglie. L’epigrafe è stata trovata a fine ‘800 a South Shields, sul fiume Tyne e quindi non distante dall’estremo confine, dal Vallo adrianeo, ed è conservata al British Museum.
Nel podcast Mary Beard discute con altri studiosi di questa strana coppia, dove la prassi dell’acquisto di una schiava, della sua liberazione e poi del matrimonio, potrebbe essere uno di quei rari esempi di vero amore, oppure un modo come un altro per ribadire un possesso. Non potremo mai essere certi dei loro sentimenti, dato che, come al solito, abbiamo una sola campana a cui affidarci.
Ma tra gli studiosi intervistati mi ha colpito un poeta siriano, Nouri al Jarrah, che si è lasciato affascinare dalla storia e ha dato un volto e una storia ai due sposi, immaginandosi una storia d’amore completa e complessa. Così ha scritto “The Stone Serpent, Barates of Palmyra’s Elegy for Regina his Beloved – An Eastern Serenade“
Nella elegia di Barates/Nouri c’è una frase che mi ha catturato: “se tu non fossi il fiore che si apre a mezzanotte…”
Il poeta siriano ha di certo in mente alcuni aromi che si fanno più intensi la notte, quei gelsomini che sembrano urlare insistenti la loro presenza sotto le stelle, nelle città del Sud e dell’Oriente. Ma il riferimento a un fiore che sboccia di notte mi ha fatto pensare a…
Sono tornata con la memoria a un weekend settembrino, trascorso tra Gubbio e San Sepolcro. In questa cittadina, che ha dato i natali a Piero della Francesca, abbiamo visitato una mostra nel piccolo museo Aboca: si tratta di un allestimento curato dall’omonima azienda che si occupa di prodotti farmaceutici a base vegetale e che nel palazzo Bourbon del Monte di San Sepolcro ha saputo ricreare la storia dell’uso delle piante medicinali dall’antichità all’età moderna.
La mostra a cui mi riferisco si intitolava “I giardini lunari” e raccontava di alcuni fiori che sbocciano dopo il tramonto del sole, spargendo il loro aroma nella notte.
Tuttavia, accanto a gelsomini, caprifogli e fiori di luna, mi ha colpito il cereo notturno: si tratta di un fiore che sboccia solo per una notte, poi, all’alba, sfiorisce.
In un ambiente quasi sospeso, denso colori e immagini, con recipienti pieni di fiori e spezie, che riempivano occhi e narici, ecco che mi compare la visione di una notte aromatica e di un fiore che aspetta di non essere visto per schiudersi.
Sono certa che il poeta siriano pensava ai profumi persistenti, che ogni notte dilagano nell’aria calda delle città orientali, ma è suggestivo accostare la britanna Regina al cereo notturno, detto “regina della notte”.