“Non è un idolo, è Dio”

Quando finalmente giunsero alla meta, Torvald fece segno con le dita della mano destra davanti alla bocca che lì bisognava stare zitti.

Nella foresta era stata ripulita una radura quadrata, i tronchi lungo il perimetro privati dei rami erano trasformati in file di colonne imponenti. Da tutto il legname abbattuto Torvald aveva ricavato una scultura di Dio.

Era alto sei o forse addirittura otto metri, aveva braccia e gambe e stava saldamente radicato al suolo, dalle spalle gli pendeva una robusta catena di ferro, palesemente un parafulmine, e avea il viso rivolto a est.

Lui. O Lei.

La testa e il busto erano senza dubbio maschili, come la nera corona di barba, le braccia nerborute e l’ampio torace. Ma la parte inferiore del corpo, nuda, era inequivocabilmente femminile scolpita con abbondanza di dettagli e particolari nelle forme lisce e arrotondate.

Sul capo aveva un curioso berretto che sembrava un fumaiolo con una piccola visiera bombata.

(…) “Ma è una via difficile e dura quella che ti porta a Lui”, disse Olof Helmersson.

“E’ voluto”, disse Torvald. “Non è una via pensata per chiunque. Dio non deve comparire sul giornale. Senza la santificazione, nessuno potrà vedere il Signore.”

“Lettera agli Ebrei”, disse Olof Helmersson automaticamente. “Dodici, quattordici.”

Poi continuò: “Ma è anche scritto: Maledetto l’uomo che fa un’immagine scolpita o di metallo fuso, lavoro di mano d’artefice, e la pone in luogo occulto.”
“Quello non è un idolo”, disse Torvald picchiando a terra il bastone a ogni parola. “Non è un idolo, è Dio.” “Ma”, non poté fare a meno di domandare Olof Helmersson, “perché ha quello strano copricapo?”. “A Stoccolma”, disse Torvald, “c’è la statua di re Carlo XV. E ne ha in testa uno simile. E’ solo in questa zona che Dio porta quel tipo di berretto.”

(…) Torvald cercò di nuovo di spiegare come fosse giunto a quella fede, per non dire certezza, che ora lo colmava:

Era cominciata con il semplice lavoro manuale di intaglio, coltello e pezzi di legno e protuberanze di tronchi e raspa e scalpello. Poi il lavoro manuale si raffinò e iniziarono a chiamarlo artigianato. Senza averne l’intenzione l’artigianato evolse in artigianato artistico e l’artigiato artistico in arte. E, come si diceva, l’arte è divina.

“C’è una lunga linea retta”, disse, “dall’intaglio distratto e dal lavoro manuale attraverso l’artigianato e l’artigianato artistico fino all’Arte e a Dio.”

Olof Helmersson pose con tatto e circospezione la domanda su cosa si potesse immaginare che Dio avrebbe fatto per lui, Torvald. Ad esempio nell’ora della morte, e dopo. Torvald rispose in modo evasivo, vago e di difficile interpretazione. Aveva fatto del suo meglio, disse, ogni singolo pezzo l’aveva impregnato di creosoto e arsenico, e il basamento lo catramava ogni estate. “Si conserverà”, assicurò. “E’ un’opera destinata a durare.”

Torgny Lindgren, Acquavite, Iperborea 2010


[V, 16, 1] Dopo di che ci rimane da descrivere il tempio di Era e quanto nel tempio merita di essere menzionato in uno scritto. (…) Il tempio è di ordine dorico ed è cinto da colonne su tutti i lati; nell’opistodomo una delle due colonne è in legno di quercia.

[V, 10, 2] Che Fidia sia l’autore della statua è attestato anche da un’iscrizione sotto i piedi di Zeus (…)

[V, 11, 1] Il dio, in oro e avorio, siede in trono; ha in testa una corona in forma di ramoscelli di olivo. Con la destra regge una Vittoria, anche questa di avorio e d’oro, che ha una benda e sul capo una corona; nella mano sinistra è uno scettro intarsiato d’ogni sorta di metalli, l’uccello che posa sullo scettro è l’aquila. D’oro sono anche i calzari del dio e altrettanto il mantello; sul mantello sono rappresentati anmali e fiori di giglio. Il trono è variamente ornato d’oro e di pietre, d’ebano e d’avorio; su di esso sono sia figure dipinte che statue scolpite. (…)

[V, 11, 10] (…) un bordo rialzato di marmo pario, che serve a contenere l’olio che scola. L’olio infatti giova alla statua di Olimpia: è l’olio che impedisce all’avorio di ricevere danno dall’umidità dell’Altis. Sull’acropoli di Atene, invece, alla cosiddetta Parthenos non l’olio ma l’acqua è utile per l’avorio (…)

Pausania, Periegesi della Grecia, libro V L’Elide e Olimpia, II sec. d.C.

Italia, 2011

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Una risposta a “Non è un idolo, è Dio”

  1. francesca scrive:

    Il più bello resta sempre l’idolo di Quélo…

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