Notti magiche

Al solstizio d’estate, il sole, nella mentalità folklorica, comincia a “morire” e, come in ogni momento critico del ciclo calendariale, l’evento va celebrato e la catastrofe deve essere scongiurata con…

Duccio Balestracci, “Attraversando l’anno”, il Mulino 2023, p.230

Se voglio scrivere un pezzo sulla notte delle streghe, beh, allora lo scrivo di sera. Questo è quello che mi sono detta quando ho meditato su come rompere il lungo silenzio e aprire una porta di pensieri e riflessioni sulle avventure recenti.

Così eccomi la notte del 23 giugno, nella mia casa fiorentina, mentre la canicola sembra stringersi sugli abitanti della città di San Giovanni Battista: il santo più barbaro offerto dal calendario cristiano e quello che, molto più di altri, è legato profondamente a rituali decisamente pagani (e molto diffusi nel mondo).

Come ricorda bene Duccio Balestracci nel libro che ho citato all’inizio di questo articolo, il passaggio solstiziale di giugno è celebrato in molte culture da fuochi e feste sfrenate, quello che non ho riportato nella citazione è il fatto che nella scongiura deve necessariamente trovare la morte qualcuno o qualcosa, perché solo così potremo assicurarci il favore degli dèi.

Una testa calda

Da un vecchio articolo di undici anni fa riprendo questa immagine, guardandola vorrei chiedervi di “trovare le differenze” che mi sono divertita a commentare. L’articolo lo trovate qui e spero vi possa piacere: ho pensato di guardare negli occhi sia Salomé che il povero Giovanni e di cercare di capire il valore di una testa tagliata. Nell’articolo menzionavo il fatto che Giovanni Battista è forse l’unico santo celebrato sia nel giorno della nascita, per l’appunto il solstizio estivo, che in quello della morte, il 29 agosto; con il ben più famoso cugino, inoltre, sembra presidiare i due solstizi, come guardiani di due fondamentali passaggi nell’anno solare.

Nel capitolo di Balestracci ritrovo ovviamente le stesse osservazioni, ma anche una estremamente interessante di Cardini: lo storico individua, infatti, i due San Giovanni come guardiani di portali, il Battista al solstizio estivo e l’Evangelista a quello invernale (è infatti celebrato il 27 dicembre). In questo modo, Cardini fornisce anche una interpretazione del nome Giovanni, legato a Ianus e quindi, ancora più chiaramente, alle porte, ai passaggi, del nostro mondo agricolo.

Acqua e Fuoco

A Firenze Giovanni Battista è il patrono della città e diventa protagonista di filastrocche, di acque magiche e di giochi pirotecnici. Balestracci ci aiuta anche in questo caso a ricostituire la tradizione dell’acqua di San Giovanni: l’acqua è preparata macerando alcuni fiori le cui proprietà curative vengono esaltate dal fatto di essere stati colti nella notte speciale. Inoltre, raccolti e messi in acqua, questi non subirebbero la contaminazione stregonesca delle creature che, si pensa, navighino i cieli tra il 23 e il 24 giugno. D’altronde, proprio questi personaggi femminili conservano la conoscenza necessaria per raccogliere le erbe giuste e preparare i decotti. Insomma, al solito c’è un po’ di cortocircuito, ma il fine ultimo è quello di curare e di proteggere.

Esattamente ciò che viene chiesto ai fuochi. L’antico potere di bruciare e purificare viene oggi mitigato e diventa potere di stupire e di spaventare, ma mai di ferire. Potrei aggiungere che il ruolo moderno gli affibbia anche un’etichetta politica, dato che le amministrazioni sono giudicate dai moderni cittadini anche in base alla capacità di organizzare fuochi d’artificio belli e lunghi e spettacolari… ma forse rischio di allontanarmi dal seminato!

Fertilità e Potere

Ancora Balestracci ricorda una tradizione popolare greca:

La sera della vigilia, le donne nubili si riunivano e una di loro andava ad attingere dell’acqua che, carica di valenza magica, doveva essere trasportata nel più assoluto silenzio e versata in bacili d’argilla. Ciascuna vi gettava un oggetto personale, copriva il recipiente con un panno rosso, levava una preghiera a San Giovanni e lo metteva in mezzo a uno spiazzo aperto. La notte, così, avrebbe ricevuto in sogno l’immagine del futuro marito.

Duccio Balestracci, “Attraversando l’anno”, il Mulino 2023, p. 240

Sono rimasta molto stupita, leggendo questo resoconto, perché fino ad ora conoscevo solo la traduzione anglosassone di Sant’Agnese, di cui potete leggere qui, e la versione mediterranea mi riempie di fascino (e forse anche di molte domande!). Resta il fatto che la notte della vigilia di San Giovanni, Salomé e la madre Erodiade tornano a tribolare il santo insieme alle sorelle streghe, a tutte quelle donne savie di rimedi naturali che, nei secoli, sono state considerate cospiratrici con Satana.

Dettaglio da “La cavalcata delle streghe”, parte di Melancholia di Lucas Cranach il Vecchio 1528. Oggi alla Pinacoteca di Edimburgo, Scozia.

A questo proposito, suggerisco una bella lettura che vi farà conoscere alcune streghe nostrane, le fattucchiere di Triora, in Liguria: qui, Marina Lo Blundo e Davide Traverso vi accompagnano nel piccolo borgo e vi raccontano le vicende delle streghe liguri.

Quando ho pensato di associare un’immagine al riferimento delle streghe, mi è subito venuto in mente un dettaglio che avevo fotografato l’anno scorso a Edimburgo. Solo ora, mentre mi accingo ad aggiungere la didascalia, mi rendo conto che l’autore è sempre Cranach il Vecchio… lo stesso di Salomé e Giuditta! Lucas, cercavi di dirci qualcosa…?

E così, il cerchio si chiude.

Spero siate in giro, stanotte, a danzare tra fuochi e raccogliere fiori…

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Meraviglie. 2 – ritratto di famiglia

Sto lavorando a un progetto che mi entusiasma e di cui, spero, potrò presto annunciare la realizzazione. Nel frattempo, ho la buona sorte di spingermi in lunghi sopralluoghi tra strade e musei di Firenze, ed è proprio durante uno di questi che ho scoperto una meraviglia.

Ammetto la mia ignoranza: l’ultima visita accurata a Palazzo Pitti credo risalga a una ventina di anni fa! Ci sono tornata con occhio attento perché dovevo individuare soggetti prettamente mitologici. Complice una mia “fissazione” che da qualche anno stenta a diventare articolo, ma che guida sempre le mie visite a musei e palazzi antichi, mi sono ritrovata con il naso all’insù nella cosiddetta Sala dell’Iliade, ed ecco quel che ho visto…

Uno splendido ritratto di famiglia del consesso divino che Omero descrive nei particolari. Zeus li guarda accigliato e cerca di convincerli a non interferire nelle vicende di Troiani e Achei.

L’autore è Luigi Sabatelli, pittore e incisore formatosi all’Accademia di Belle Arti di Firenze a inizio ‘800 e divenuto pittore di corte di Maria Luisa di Borbone-Spagna, regina d’Etruria e di Lucca. In questo suo ruolo dipinge anche il soffitto di quella che diventerà famosa come “Sala dell’Iliade” e che raccoglie immagini legate alle premesse della guerra di Troia.

Dei vari personaggi, che con un leggero torcicollo è divertente individuare, mi ha colpito questo scuro individuo qui a destra. Dal cane stremito, accucciato ai suoi piedi, mi par di dedurre che si tratti di Ade. Sembra imbronciato, forse non stanno morendo abbastanza soldati? Accanto a lui ci sono tre donne dall’aria interessante e non sembra strano che sia accomodate accanto al Signore della morte

Ho trovato infatti un video molto interessante e suggestivo, proposto sul canale delle Gallerie degli Uffizi, che svela la loro identità.

Le Tre Parche, con un commento tratto da un carme di Catullo. Quanto tutto ciò è estremamente neoclassico!

Parlando di neoclassicismo, la visione di quell’affresco mi ha fatto tornare in mente un quadro che ho adorato e … frainteso! Si tratta di un celeberrimo dipinto di Ingres

Jean-Auguste Dominique Ingres, Jupiter et Théthis, 1811. Museo Granet di Aix-en-Provence. Immagine wikicommons https://en.wikipedia.org/wiki/Jupiter_and_Thetis#/media/File:J%C3%BApiter_y_Tetis,_por_Dominique_Ingres.jpg

Questa immagine dominava la copertina di un mio libro di mitologia classica e, da ragazza, ho sempre pensato si trattasse di Zeus e Hera. Ma poi mi sono informata meglio, ho capito a quale episodio si riferiva, e soprattutto ho saputo leggere la gestualità, il tocco del mento in un atteggiamento di supplica.

Ma intanto, seduto presso le rapide navi, il divino figlio di Peleo, Achille dai piedi veloci, persisteva nell’ira. Non si recava all’assemblea gloriosa, non andava alla guerra, e nell’inerzia si rodeva il cuore rimpiangendo il tumulto della battaglia. Quando sorse la dodicesima aurora dopo quel giorno, tornarono all’Olimpo gli dèi immortali, tornarono tutti insieme, Zeus li guidava. Ma Teti non dimenticò la preghiera del figlio; emerse dalle onde del mare e all’alba salì al vasto cielo d’Olimpo. Trovò il figlio di Crono dalla voce potente che sedeva in disparte sulla vetta più alta dell’Olimpo dalle molte cime; si inginocchiò davanti a lui, con una mano gli afferrò le ginocchia, con l’altra gli prese il mento e supplicando diceva a Zeus, il sovrano figlio di Crono: “Padre, se mai un tempo, con le parole o con i fatti, ti sono stata d’aiuto fra gli dèi immortali, esaudisci ora questo mio desiderio: rendi onore a mio figlio, che ha avuto in sorte un destino più breve degli altri (…)

Omero, Iliade, 1.487-505

Non è la moglie Hera che si rivolge al marito, sappiamo infatti che, nell’Iliade, i due o litigano oppure si appartano (un abile sotterfugio che fa tanto signoramia o sciura e che Hera adotta per distrarre il marito dalla battaglia…). Mentre Teti, la madre di Achille, corre a supplicare il padre degli dèi di aiutare il figlio a guadagnarsi la gloria che gli era stata promessa, in cambio di una vita breve.

Curiosamente, nell’informarmi sul pittore del soffitto palatino, ho letto che Ingres è uno dei suoi riferimenti artistici. Ma d’altronde Ingres è stato un punto fermo per molti degli autori neoclassici.

Ecco, la mia seconda meraviglia è un soffitto di dèi, colti in una istantanea che ne rivela a un tempo la potenza e la fragilità.

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Meraviglie. 1 – come un fiore di notte

Ho cominciato ad ascoltare l’ultima serie di podcast di Mary Beard dedicati al mondo romano: “Being Roman”, su Channel 4 BBC.

E mi sono imbattuta in un episodio che discute la figura di Regina, schiava e poi moglie di Barates, originario di Palmyra, in Siria. La coppia multietnica formata da un siriano e da una catuvellauna, cioè una donna di una tribù britanna, giunge alla ribalta della cronaca accademica grazie all’intensa epigrafe che Barates fa scolpire sulla tomba della moglie. L’epigrafe è stata trovata a fine ‘800 a South Shields, sul fiume Tyne e quindi non distante dall’estremo confine, dal Vallo adrianeo, ed è conservata al British Museum.

Nel podcast Mary Beard discute con altri studiosi di questa strana coppia, dove la prassi dell’acquisto di una schiava, della sua liberazione e poi del matrimonio, potrebbe essere uno di quei rari esempi di vero amore, oppure un modo come un altro per ribadire un possesso. Non potremo mai essere certi dei loro sentimenti, dato che, come al solito, abbiamo una sola campana a cui affidarci.

Ma tra gli studiosi intervistati mi ha colpito un poeta siriano, Nouri al Jarrah, che si è lasciato affascinare dalla storia e ha dato un volto e una storia ai due sposi, immaginandosi una storia d’amore completa e complessa. Così ha scritto “The Stone Serpent, Barates of Palmyra’s Elegy for Regina his Beloved – An Eastern Serenade

Nella elegia di Barates/Nouri c’è una frase che mi ha catturato: “se tu non fossi il fiore che si apre a mezzanotte…”

Il poeta siriano ha di certo in mente alcuni aromi che si fanno più intensi la notte, quei gelsomini che sembrano urlare insistenti la loro presenza sotto le stelle, nelle città del Sud e dell’Oriente. Ma il riferimento a un fiore che sboccia di notte mi ha fatto pensare a…

Uno degli scaffali del Museo Aboca di San Sepolcro

Sono tornata con la memoria a un weekend settembrino, trascorso tra Gubbio e San Sepolcro. In questa cittadina, che ha dato i natali a Piero della Francesca, abbiamo visitato una mostra nel piccolo museo Aboca: si tratta di un allestimento curato dall’omonima azienda che si occupa di prodotti farmaceutici a base vegetale e che nel palazzo Bourbon del Monte di San Sepolcro ha saputo ricreare la storia dell’uso delle piante medicinali dall’antichità all’età moderna.

La sala del museo con l’allestimento della mostra “I giardini lunari”

La mostra a cui mi riferisco si intitolava “I giardini lunari” e raccontava di alcuni fiori che sbocciano dopo il tramonto del sole, spargendo il loro aroma nella notte.

Tuttavia, accanto a gelsomini, caprifogli e fiori di luna, mi ha colpito il cereo notturno: si tratta di un fiore che sboccia solo per una notte, poi, all’alba, sfiorisce.

In un ambiente quasi sospeso, denso colori e immagini, con recipienti pieni di fiori e spezie, che riempivano occhi e narici, ecco che mi compare la visione di una notte aromatica e di un fiore che aspetta di non essere visto per schiudersi.

Sono certa che il poeta siriano pensava ai profumi persistenti, che ogni notte dilagano nell’aria calda delle città orientali, ma è suggestivo accostare la britanna Regina al cereo notturno, detto “regina della notte”.

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Il Canto di Ostia

Ebbene sì, dopo ben cinque anni siamo tornate a raccogliere pensieri e impressioni in giro per musei e siti archeologici italiani.

In effetti siamo tornate a Ostia Antica, complice il riallestimento del museo, e lo abbiamo fatto il 24 novembre del 2024. Ma, ahimé, questa volta i tempi della edizione dell’agile pdf con i racconti dei partecipanti si sono allungati assai…!

Così oggi, 24 marzo 2025, siamo contente di presentare un volumetto molto variopinto! Archeoracconto ha infatti raccolto una serie di suggestioni che spaziano dai primi secoli dell’impero fino a oggi, che coinvolgono esseri umani e gatti, che ci guidano attraverso le strade di Ostia Antica e negli sguardi di marmo dei suoi antichi abitanti, ma anche nei sorrisi di chi quelle strade e quei marmi li ha riportati alla luce.

Un bel Canto, non c’è che dire, e a voi non resta che…sfogliarlo qui:

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