Una testa calda…

Salome di Oscar Wilde - 1894

Per Lucas Cranach era un’ossessione: tra il 1530 e il 1531 si datano almeno una decina di quadri che hanno un soggetto identico, anzi simile. Se li mettiamo l’uno accanto all’altro, scegliendo attentamente tra le diverse versioni, rimaniamo colpiti, sembra quasi che abbia usato ..photoshop:

Salome e Giuditta – 1530-31 Lucas Cranach il Vecchio

Stessa modella, stessa posizione, si potrebbe dire quasi lo stesso vestito (sicuramente lo stesso cappello!). Eppure, una delle due ha una spada, mentre l’altra sorregge un piatto. Anche l’espressione è un po’ diversa, la prima è contenta del pesante fardello, l’altra è invece seria, decisamente “in posa”. Ma di cosa si tratta?

Si tratta di due donne che hanno ottenuto la testa del loro antagonista. La prima è Salomè, figlia di Erodiade, che, su probabile istigazione della madre, seduce Erode, zio e patrigno, e lo convince a decapitare Giovanni il Battista e a farle avere la testa su di un piatto d’argento.
La seconda è Giuditta, ricca vedova che, di fronte all’ignavia degli anziani, decide di prendere in mano la situazione e di affrontare Oloferne, capo assiro della guarnigione che è giunta a sottomettere Israele. Si finge disposta a tradire i suoi, acconsente a seguirlo presso il letto, ma intanto lo fa bere fino a fargli perdere i sensi e così riesce a decapitarlo e a liberare Gerusalemme dall’assedio.

Storie diverse per contesto, ma talmente simili nell’esito, da aver evidentemente sollecitato la curiosità di Cranach, il quale, tra l’altro, pare si divertisse a immortalarsi nella testa mozzata…

La “donna con la spada” è un’iconografia ben rintracciabile, dalle più antiche e pagane raffigurazioni di un’Atena combattiva, alla rappresentazione simbolica della virtù cristiana della Fortezza, per non parlare della pia eresia di Giovanna d’Arco.

La Fortezza - Sandro Botticelli 1470

Una donna con la spada fa paura, ma sta agendo per il meglio, è sicuramente guidata da una logica superiore e la sua missione è purificatrice.

Gustave Moreau – Salomè

Con Salomè, invece, la situazione è più complicata: c’è di mezzo una danza sinuosa ed eccitante, ma soprattutto c’è la richiesta. Salomè non si sporca le mani, non scende in campo, ma corrompe l’animo di un uomo perché uccida un suo simile. Salomè rappresenta la paura somma: il danno che può procurare il piacere di una donna.

E quelle teste? Chi o cosa rappresentano le teste decollate?

Giuditta nel momento più drammatico - Artemisia Gentileschi 1620

Con Giuditta sono il simbolo della liberazione dall’oppressione. Artemisia Gentileschi, non a caso, ne farà due quadri intensi, che avranno il sapore della rivalsa personale. In quel particolare contesto alla donna è concesso di sedurre per uccidere e Giuditta diventa la vendicatrice di tutte le donne, in particolare delle donne sposate.

1618-19: Giuditta e l'ancella

Giuditta è vedova e ricca e agisce di concerto con la sua ancella: non è il marito a morire, ma l’immagine dell’uomo che esercita la forza. Giuditta libera se stessa e l’intero suo popolo: è lei il novello Perseo che può sollevare, fiera, la testa del suo antagonista. Se ne accorgeranno bene i fiorentini che collocheranno i due eroi ai lati della Piazza dei Signori.

Ma Salomè… cosa hai fatto Salomè? Tu hai chiesto che ti fosse servita su un piatto la testa del Santo, di colui che era giunto “a preparare la strada”. Come poteva essere così fastidioso per te, giovane vergine già corrotta? Quale potere hai voluto dimostrare, esercitare, accarezzando i riccioli insanguinati, con un volto così soddisfatto?
Di nuovo l’arma della seduzione, ma questa volta rivolta contro l’autorità delle parole. Giovanni urlava contro tua madre e contro di te, urlava l’indecenza di una vita di lussuria ed eccessi. Non era un Oloferne qualunque, un brutale generale, venuto a godere dei vostri corpi e a sostituirsi ai vostri uomini; Giovanni urlava nel deserto e predicava pentimento e vergogna, chiedeva cambiamenti radicali e, quasi certamente, voleva rinchiudere i vostri corpi dentro a vestiti più casti, in stanze più appartate.
Per questo lo avete punito, tu e tua madre.
Avete visto lo spettro di una prigione, definitiva ed eterna.

Oggi San Giovanni è festeggiato, anche grazie a quell’atto disumano: cosa strana per un Santo, invece di festeggiare il giorno del martirio e della morte, per il quale è stata fissata già in età romana la data del 29 Agosto (forse legata all’inizio della novena per la nascita di Maria, un’altra vergine combattiva, che a Giovanni e a sua madre deve tutto?), viene festeggiato il giorno della nascita.

Ed ecco, tua cugina Elisabetta, ha concepito un figlio nella sua vecchiaia: e questo è il sesto mese per lei, lei che era detta sterile
Vangelo di Luca, 1.36

San Luca fornisce l’appiglio, il resto segue automaticamente (oppure si tratta del contrario??): i due cugini si accaparrano i due solstizi, invernale ed estivo. Se Gesù deve sostituirsi a Sol Invictus e giungere tra gli uomini che sono in attesa del buon esito della semina, Giovanni può insinuarsi nelle celebrazioni che segnano il momento delicato della mietitura e del raccolto, quando gli uomini si apprestano a raccogliere i frutti della loro fatica, in una notte ricca di incanti e di magie. Dunque San Giovanni è festeggiato nel giorno del compleanno, eppure la sua testa è una reliquia importante e ambita, oggetto di molteplici ritrovamenti nel corso dei secoli. Benedetto XVI ci regala una certezza: il frammento conservato a Roma è quello giusto! Bene! Si trova nella chiesa di San Silvestro, fondata nell’VIII sec. d.C. Il Santo della chiesa è detto “in capite“, pur senza riferimento al suo prezioso tesoro. Se guardiamo le origini del luogo sacro scopriamo però una curiosa coincidenza: il tempio cristiano è stato costruito sulle vestigia di un tempio pagano dedicato a.. Sol Invictus!

Torniamo alla nostra notte tra il 23 e il 24 giugno: è la notte delle streghe, è la notte di San Giovanni; nel rito del solstizio si rinnova l’incontro tra le vergini del diavolo e l’integerrimo predicatore. Le donne chiedono libertà, lui promette un mondo nuovo e più serio, più devoto. Le streghe raccolgono erbe e ne fanno pozioni, lui fornisce il proprio sangue nell’Hypericum e promette di curare dai danni del demonio. Nella notte, infatti, l’Hypericum si brucia e il fuoco purificatore allontana gli spiriti maligni.

Il sangue della testa di Giovanni ha poteri taumaturgici, il sangue della testa recisa della Gorgone aveva prodotto il corallo, dai rinomati poteri apotropaici: qual è il mostro? Chi è stato ucciso? la giovane Salomè ha forse compiuto la scelta giusta?

Durante il giorno, invece, si raccolgono le erbe che hanno, solo il 24 giugno, poteri altrimenti dormienti.

Duomo di Monza - particolare della facciata con Teodolinda e San Giovanni

Il giovane vestito di pelli, che si nutre di locuste e parla nel deserto, è destinato ad affascinare principesse; si tratta di Teodolinda, regina dei Longobardi, che si lascia convincere da Giovanni e prende una decisione politica. Converte il proprio popolo al Cristianesimo. Questa donna unisce il fascino di Salomè e la risolutezza di Giuditta: non ha più bisogno di una testa mozzata, perché sa che questa conversione significa aumentare il proprio potere. Così i Longobardi si ritrovano a sostituire gli antichi dèi con i nuovi: San Giovanni è a loro congeniale, con quella barba lunga e le vesti di pelli, così come San Michele Arcangelo, terribile nell’armatura e con la spada sguainata.

Proprio questa scelta coraggiosa, accaduta tra il VI e il VII sec. d.C., diventa tradizione a Firenze a partire – pare – dall’XI sec. d.C. La costruzione del Battistero, infatti, si data ancora in epoca longobarda.

San Giovanni Battista è patrono della città toscana e, curiosamente, anche di Genova e Torino. Forse solo quest’ultima ha conservato le premesse del Santo predicatore

A Torino sanno qualcosa che a noi sfugge...

A Firenze, ormai da tempo, la festa di San Giovanni significa “i Fochi”. Non i falò che purificano, ma i fuochi d’artificio. Florentia, la vergine (?) florida, cade ogni anno nelle trame del Santo predicatore ed i suoi abitanti sciamano, guidati da un immaginario pifferaio, lasciandosi incantare dalle lingue di fuoco che arabescano la notte.

Cosa chiedono al Santo?

Il dubbio è che non sia più la libertà ad essere richiesta, ma il rinnovo della dolce prigionia. Al Santo si chiede ormai di continuare ad essere illusi, di vivere in una città che tutti ci invidiano. Ai “fochi” si chiede di brillare nella notte e cacciare i fantasmi e le influenze maligne. E mentre rimaniamo con il naso per aria, dietro cancelli chiusi, in mezzo a decine di persone accorse a guardare, vien fatto di pensare che quei fantasmi, di magie concrete come i solchi della terra, potrebbero farci vivere più liberi.

Questa voce è stata pubblicata in Sirene e contrassegnata con , , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *