Hay momentos en que quisiera mejor rajarme
Y arrancarme ya los clavos de mi penar
Pero mis ojos se mueren sin mirar tus ojos
Y mi cariño con la aurora te vuelve a esperar
Tutto cominciò quasi con una battuta.
“Sai, mi vedo con quella ragazza, Stefania”
“Ma chi? La Frida?”
Era sembrato un modo curioso e anche un po’ dotto di riferirsi alla sottoscritta, era l’inizio di una storia, che aveva auspici quasi artistici.
Poi era toccato (dopo pochi mesi) ai due turisti, una bella coppia della Florida. Uno dei due era messicano. Fu lui a dirmi che assomigliavo a Frida, poi puntualizzò che assomigliavo alla Frida del film.
… il mio ego a quel punto aveva fatto un balzo: si trattava di Salma Hayek nelle vesti di Frida… Il film lo avevo visto appena uscito, ma ad Atene, perciò in lingua originale e con i sottotitoli in greco. E quel film era particolare, toccava luoghi scomodi, metteva a disagio.
Oggi mi trovo a impersonare Frida, anche se muta, senza fiori tra i capelli. Con un sari, che ho sempre sognato di indossare, un giorno.
In una terra straniera e sconosciuta.
Ya agarraste por tu cuenta las parrandas
Paloma negra, paloma negra, dónde, dondé andarás
Ya no juegues con mi honra parrandera
Si tus caricias deben ser mías de nadie más
ATTO PRIMO
Todos me dicen el Negro
negro, pero cariñoso
yo soy como el chile verde
picante, pero sabroso.
L’odore di letame accarezza l’aria e impregna le balle di fieno che fanno da quinta scenica. A me è sempre piaciuto questo odore, mi sembra che renda il tutto più vero, più sanguigno, più ruvido.
Nove donne si muovono nervose attorno a un tavolo di legno: sorrisi che si accendono e si spengono in un attimo, sguardi che si incrociano velocemente. Un unico specchio, grande, appoggiato per terra, al quale, a turno, tutte si specchiano, aspettando una frase magica. Arriva la frase: “Come stai bene” “Cavolo, sei splendida!” “No, aspetta, prova questo scialle” “Secondo me ti sta meglio questa collana” “Chi ha uno spillo?” “Meglio quelle da balia” “Chi mi pettina i capelli dividendoli in due trecce?” “Ma come?” “Così”.
Sono tre le ragazze giovani, ventenni, decisamente quelle più tranquille e divertite. Il resto di noi è già compreso nel ruolo, accetta i complimenti, ma in cuor suo sogna di rimanere da sola, per entrare meglio nella parte.
Io non conosco nessuno e di colpo la mia timidezza prende il sopravvento. Decido di fare quella che osserva, pregustando già il post che scaturirà dalla serata. Ovviamente vengo subito sgamata e richiamata all’ordine! È una serata di partecipazione.. Partecipa! De puta madre!
La preparazione richiede una certa dose di concentrazione: Frida comincia a girarmi intorno con il sari e prova a drappeggiarlo. Io sono sempre più rigida e questo non aiuta, la prova microfoni porta via la mia ancella friulana e io trovo in Francesca la signora delle spille da balia e un sorriso contagioso.
Il busto di Francesca è un capolavoro artigianale. Il segno di un affetto profondo, di sangue: l’ha fatto e dipinto con l’aiuto dei suoi genitori, è perfetto, lei è perfetta.
Lucia è la prima che individuo nel nugolo di Fridas: alta, con un portamento quasi nobile, un abito nero lungo e ampio, che mette in risalto i suoi tratti marcati. Gioielli rossi, come lo scialle che, dopo numerose prove, si convince a drappeggiarsi attorno alle spalle. Sfilerà con le figlie, vestite uguali e disposte ai lati: “ornamenta mea“, la sua consapevolezza di Cornelia/Frida è ammirevole…
Poi c’è Leonilda, in un completo maschile che cerca di portare con disinvoltura, ma che in effetti non fa altro che sottolineare i grandi occhi blu, curiosi e leggermente spaventati.
Agnese è la mia personale autista: sembra la più spigliata, ma anche il suo sguardo ogni tanto si muove intorno cercando uno scoglio cui appigliarsi.
Arriva lei, in arte e al lavoro Patti Smith! Finalmente uno sguardo sinceramente divertito: in fondo si tratta del teatro, bellezza! È tutto un gioco coinvolgente, dove nessuno si farà male.
¡Ay de mí!, llorona
llorona de azul celeste
aunque la vida me cueste
no dejaré de quererte.
ATTO SECONDO
Cuando sepas que he muerto
No pronuncies mi nombre,
Porque se detendría
La muerte y el reposo.
Chi è di scena?
Silenziose, sull’erba umida, assistiamo allo sciamare del pubblico che prende posto. Ognuna concentrata a suo modo, le ragazze ridono divertite, le donne entrano nel personaggio. Sì, ma quale? Frida oppure il lato fridesco di ognuna di noi?
L’apparizione è fugace e non priva di tentennamenti. Silenziose sfiliamo sotto l’immagine ingigantita della Frida vera: capirà, il pubblico, la relazione tra il vestito
indossato da Frida nella foto e quello riprodotto in maniera domestica dalle modelle improvvisate? per un attimo (“rimanete ferme, guardate il pubblico, lasciatevi guardare, contate lentamente fino a 10”) la nostra maschera ci mette a nudo di fronte alla gente, sotto questa luna d’agosto.
Poi scivoliamo nel buio e raggiungiamo veloci i posti che ci sono stati assegnati tra il pubblico.
Tu voz que es la campana
De los cinco sentidos
Sería el tenue faro
Buscando por mi niebla
ATTO TERZO
Paglia, bicchieri di tequila, nastri intrecciati, fiori annodati. Tina e Frida dialogano senza pause: da un lato la serietà dolente della fotografa friulana, che sembra preferire le immagini alle parole, dall’altro la prorompente vitalità della pittrice messicana, che non riesce a stare zitta, nemmeno mentre dipinge. Tina/Vicky e Frida/Susanna riescono a creare un incanto, complice la luna quasi piena: nessuno si distrae, nessuno parla, ma tutti ascoltano rapiti il susseguirsi di emozioni. Le due autrici hanno portato a compimento un processo di immedesimazione delicato e difficile, perciò abbandonano le loro realtà quotidiane ed entrano nel mondo delle due donne che stasera si cantano. Forse è proprio questo il segreto: la luna messicana di questa notte friulana ci ha fornito un prisma attraverso il quale scorgere i mille volti del femminile. Ne sono uscite Tina e Frida, ma anche le 9 “muse casalinghe”.
EPILOGO
Una culebra de nube, y una culebra de lluvia
viene bajando del cielo, viene bajando solita
Tu eres el macho culebra, el que del cielo bajó
vienes buscando a tu hembra, por el arroyo del có
Con el tambor te cantaste unas palabras de humo
A la mujer la animaste, con tu chubasco de brujo
koó koó de la nube, koó koó de la lluvia
ese viento bendito, rumbo que nace el sol
nace un señor de la piedra, y hasta se vuelve culebra
quien dijo que se sabía, ese misterio de Dios
Dice la gente del monte, que llega sin avisar
que en una peña de lobos, se anda dejando agarrar
Per chi volesse saperne di più, ecco il link alla pagina dedicata all’evento. Lo spettacolo è stato interamente curato dalle autrici dei testi, nonché attrici: Vicky Vicario nella parte di Tina e Susanna Piticco in quella di Frida. Il fantastico Trio Yerba è stato il protagonista dei momenti musicali estremamente coinvolgenti. Infine, tra i collaboratori, va sicuramente citata Elisabetta Matellon che ha confezionato un supporto video d’effetto!
Attualmente le curatrici stanno lavorando per portare lo spettacolo a Roma e Firenze, chi fosse interessato può contattare le autrici tramite la pagina facebook dello spettacolo.