“Il bosco mi culla”

L’anno scorso mi trovai tra le mani un libro Iperborea dalla copertina ipnotica: un orso e una ragazza, ritratti quasi come in una Matrioska sezionata. Pensai di prenderlo, ma solo la settimana scorsa ho deciso di regalarmi il libro. E, come molto spesso mi accade, “Cucinare un orso”, di Mikael Niemi, è arrivato proprio quando era più atteso, necessario quasi. Ho trascorso pochi giorni intensi a leggere il romanzo dello svedese Niemi e ora mi trovo orfana di Laestadius, il pastore che interrogava le piante.

“Il bosco mi culla”

Odori, ecco quello che ti lascia la lettura di “Cucinare un Orso”. Odori e colori, immagini. Sensazioni di acquitrini, torbiere, freddo. Il burro e l’avena, ma soprattutto…le patate!

La voce narrante è quella di Jussi, un sami salvato dal profeta del Risveglio: Lars Levi Laestadius. Inevitabile riconoscere in questa strana coppia di padre (pastore di anime) e figlio acquisito un Guglielmo da Baskerville e Adso in versione scandinava.

Il botanico della terra dei fiordi, che sogna di conversare con Linneo e che dà il via a una nuova religione, è infatti assai simile al principe della deduzione creato da Umberto Eco. E se Eco aveva attinto direttamente alla topografia holmsiana (Baskerville), Niemi, dopo aver suggerito a Laestadius i principi della nascente scienza delle impronte digitali, ce lo descrive tracciando una silhoette fin troppo nota:

(…) vidi che si era messo un bizzarro cappellino con la tesa e aveva alzato il colletto della mantella, come se avesse freddo. Il suo profilo spigoloso aveva un’aria profondamente assorta.

“Cucinare un orso”, p.339

Esattamente come Adso, il nostro Jussi è sedotto dal piacere della carne, che però per lui non è solo scoperta, è proprio innamoramento. Tanto che la “Rosa” sarà personaggio fondamentale per lo svolgimento della trama.

Libri

Un altro aspetto che traccia la linea retta di congiunzione con l’opera di Eco è la presenza dei libri: Laestadius possiede una ricca biblioteca, una rarità soprattutto nel modesto villaggio in cui risiede. Alcuni dei volumi sono opere sue, dedicate alla classificazione delle piante; perciò cerca di trasmettere a Jussi non solo l’amore per i libri tout-court, ma anche la passione per la lettura. E non manca di fare riferimento agli anni trascorsi all’Università. La cultura di Laestadius, tuttavia, è insidiosa: proprio come accadeva a Guglielmo, anche Lars Levi rischia di cedere alla tentazione della superbia. Il suo capire, dedurre, collegare gli indizi, lo porterà a rischiare vite innocenti, pur di dimostrare di avere ragione.

Apprendista stregone

Jussi è il buon selvaggio: ricorda la figura semileggendaria di Victor, comparso un giorno imprecisato del 1797, completamente inselvatichito dalla lunga frequentazione di boschi, foreste e animali. Laestadius è intenerito dal piccolo sami e lo accoglie per allevarlo come fosse suo figlio. Proprio per questo, il punto di vista di Jussi nel raccontare gli eventi è per noi prezioso: ascoltiamo le sue parole di figlio negletto “della strega”, fratello amorevole del “leprotto”, e vagabondo della natura.

Ma la vera poesia di Jussi è nel modo in cui si affeziona al pastore e alla magia che su di lui esercitano i libri, e leggere, e scrivere. Per lui la scrittura è davvero l’unico modo di sopravvivere:

Grazie per avermi registrato nel libro, altrimenti non sarei mai esistito

“Cucinare un orso”, p.504

Ogni volta che deve scrivere (non dimentichiamo che il suo ruolo è quello di Watson) il suo primo gesto è pulirsi le mani: solo così si sente proto a tenere in mano un foglio e una matita. Un rituale dolce e pregnante, soprattutto se fatto da un sami, che la tradizione assegna a una famiglia di noaidi, di sciamani.

Sciamani

La Siberia ci regala gli ultimi sciamani riconosciuti e tra le caratteristiche che rendono un uomo uno sciamano si contano l’essere emarginato dalla società e l’avere una qualche malformazione (congenita oppure provocata), soprattutto un qualche difetto nel camminare.

Seguendo gli insegnamenti del pastore Laestadius, Jussi riscopre le radici stesse dello sciamanesimo della sua gente: diventa esperto di erbe, impronte, odori, sapori. Legge i segni della natura e li interpreta.

E così l’orso del titolo non viene cucinato, anzi, appare e scompare quasi subito, eppure è una figura che aleggia, è la personificazione stessa di una natura che ci vuole parlare, che magari consideriamo crudele, ma solo perché non siamo in grado di interpretare i suoni gutturali con i quali ci parla.

Risvegli

“Cucinare un orso” è il racconto dei dubbi di un cristiano, Laestadius, che vuole riformare la Chiesa e si batte per i più deboli e il popolo. Che contrasta il commercio di acquavite, perché vede come si riducono i suoi fedeli, soprattutto i più poveri. E proprio quei poveri che vuole salvare potrebbero portarlo alla rovina, perché ben presto le sue prediche diventano luogo di estasi e trance: cosa stanno facendo gli abitanti di Palaja, e quelli del Nord della Svezia? Si stanno trasformando, anche loro, in sciamani? Senza che Laestadius abbia detto loro niente, questi fedeli hanno pensato al risveglio come a uno stato di alterazione che li faccia uscire dal torpore e scateni i loro animi imprigionati nel più severo luteranesimo.

Ma è anche il racconto di un grande sciamano: Laestadius era un sami, che aveva deciso di abbandonare la tradizione della sua gente per diventare un pastore cristiano e salvare, con la parola, la catechesi, e l’aiuto concreto, i Sami bistrattati dagli Svedesi. Eppure, la sua matrice sami non svanisce, anzi, fa sì che lui possa diventare un grande botanico: leggere, dunque, i segni della natura, proprio come farebbe uno sciamano sami. Così, gli incubi che spesso scuotono le sue notti, non sono altro che la lotta tra la propria coscienza e la propria natura: chi vincerà?

Omaggio

“Cucinare un orso” vuole essere un romanzo storico: preziosa la appendice in fondo al libro, che svela i meccanismi che hanno spinto Niemi a ricostruire una fittizia vita del padre dei Laestadiani.

Ma è anche la discesa e la risalita di un giovane sami. Il tormento di un uomo che riconosce Dio attorno a sé, ma non si fida degli uomini. La rassegnazione di una moglie che cerca di spiegare al marito l’importanza di coinvolgere sempre più donne nella catechesi del Risveglio.

Infine, è un inno al rapporto tra uomo e natura; se vuoi fare lo sciamano, abbandonati in grembo alla natura, ascolta annusa annota, e ricchi scrigni di tesori si apriranno dinanzi a te. La natura, che noi chiamiamo madre o matrigna…e se invece fosse un padre?

Mi sveglio in uno sconfinato silenzio. Il mondo attende id essere creato. L’oscurità e il cielo mi circondano. Resto disteso, gli occhi fissi sull’universo come due pozzi profondi, ma lassù non c’è niente, nemmeno l’aria. Nel silenzio il mio petto è scosso da un tremito sempre più forte. Gli spasmi si fanno più intensi, qualcosa là dentro sta crescendo e minaccia di evadere. Mi divarica le costole, come sbarre di una gabbia. Non c’è niente che io possa fare. Solo cedere a questa forza spaventosa, come un bambino che striscia a terra in balìa di un padre infuriato, senza mai sapere dove affonderà il prossimo colpo. Quel bambino sono io. E sono anche il padre.

Incipit di “Cucinare un orso”
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